Il delitto di atti persecutori (stalking) può concorrere con altri reati

Il delitto di atti persecutori (stalking) può concorrere con altri reati
06 Giugno 2016: Il delitto di atti persecutori (stalking) può concorrere con altri reati 06 Giugno 2016

La Corte di Cassazione con sentenza n. 20696/16 depositata il 18 maggio ha nuovamente affermato che il delitto di atti persecutori ben può concorrere con altri reati ed anche con il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, come ha convenuto nel caso specifico. La sentenza indicata ripercorre brevemente quelle che sono state le intenzioni del legislatore attraverso l’introduzione dell’art. 612 bis c.p., ovvero quella di colmare un vuoto di tutela ritenuto inaccettabile rispetto a condotte che, ancorchè non violente, recano un apprezzabile danno alla vittima: “… mediante l’incriminazione degli atti persecutori si è inteso in qualche modo anticipare la tutela della libertà personale e l’incolumità fiso psichica attraverso l’incriminazione di condotte che, precedentemente, parevano sostanzialmente inoffensive e, dunque, non sussumibili in alcuna fattispecie penalmente rilevante o in fattispecie per così dire minori, quali la minaccia o la molestia alle persone”.La condotta criminosa pertanto si identifica in un (consistente anche in sole due condotte autonome) idoneo a causare uno stato di prostrazione psicologica nella parte offesa e ad assumere specifica, autonoma lesività. Partendo da tale assunto, la giurisprudenza ha ritenuto configurabile il concorso tra quello di atti persecutori ed altri reati, come quello di violenza privata, di diffamazione ed infine di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in quanto questi tutelano beni giuridici diversi da quello finalizzato alla protezione del singolo da comportamenti che ne condizionano la vita e la tranquillità personale. Nella sentenza richiamata venivano contestati i reati di cui agli artt. 393, 612 bis c.p., in quanto l’imputato, avendo posto in essere inizialmente un’attività diretta ad ottenere la restituzione delle somme che aveva pagato alla parte offesa, aveva poi posto in essere un comportamento altamente persecutorio, estrinsecatosi in molestie gravi. Concludendo, la Suprema Corte ha ritenuto che: “… può configurarsi il concorso tra il reato di atti persecutori e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, giacchè quest’ultimo certamente contempla un bene giuridico diverso, in quanto finalizzato a tutelare l’interesse dello Stato ad impedire che la privata violenza si sostituisca all’esercizio della funzione giurisdizionale in occasione dell’insorgere di una controversia”.

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